Gli uomini che hanno fatto le foto che hanno fatto la fotografia

Quella che segue è una specie di recensione del libro L’infinito istante. Saggio sulla fotografia di Geoff Dyer.the-ongoing-moment Non è una vera e propria recensione perché, d’altronde, non si tratta di un saggio sulla fotografia.
Ecco come l’autore descrive quello che sta facendo: “...la storia della fotografia sembra essere fatta di fotografi che hanno dato le proprie versioni personalizzate di un repertorio di scene, tropi, soggetti e motivi. Questo repertorio si espande e si evolve costantemente…“.

È la stessa operazione dell’altro premiato volume di Geoff DyerNatura morta con custodia di sax, in cui il nostro creò una “biografia del jazz” attraverso il racconto di episodi delle vite dei più grandi musicisti del genere e la ricostruzione di un “dialogo storico” tra le loro opere.

La fotografia è un’arte relativamente giovane (150 anni circa di età) che ha raggiunto presto la completa maturazione tecnica ma sta ancora sviluppando il proprio linguaggio ed esplorando il potenziale espressivo. La storia che racconta Dyer è quella degli uomini che hanno messo in opera il repertorio di scene, tropi, soggetti e motivi che sottosta alla sensibilità fotografica di qualsiasi fotografo odierno. Per questo è importante conoscere il lavoro di questi uomini e donne, perché la foto che stiamo facendo qui, ora, non è un’isola, non è una creazione asincrona della nostra creatività e un’originale proposizione della nostra visione del mondo, è, invece, da un punto di vista diacronico, il mattone più in alto di una costruzione in divenire, l’ultima battuta di un dialogo interno al medium.

Vi siete mai chiesti perché fotografiamo le panchine? O perché un uomo in cappello oppure la silhouette di un soprabito è una tentazione fotografica irresistibile? Come le scale, o le scene di strada con un cieco o un musicista?